Le notizie false (o distorte, o esagerate) sono sempre esistite. Però internet e i social network hanno contribuito a creare una vera e propria emergenza democratica. Ma se sotto la notizia ci fosse una firma, vera, e dietro la firma qualcuno che risponde di quello che scrive, le fake news diventerebbero marginali.
dadel 08/11/2021
di Marino Longoni
Le notizie false (o distorte, o esagerate) sono sempre esistite. Ma con la diffusione di internet e poi dei social network hanno acquistato una pervasività e una letalità prima sconosciute. Diversi fattori hanno contribuito a creare questa vera e propria emergenza democratica. Da una parte il meccanismo di diffusione delle notizie su internet, pagato dalla pubblicità in base al numero delle visualizzazioni, porta molti produttori di informazione a puntare solo alla massimizzazione dei click. A questo fine le notizie esagerate, distorte, non verificate, o addirittura inventate, sono più efficaci dell’informazione corretta.
Poi c’è la politica che, per definizione, non conosce altra verità di quella che è confacente ai propri obiettivi (in particolare, demonizzare i propri avversari e massimizzare il proprio consenso): a questo fine gli strumenti digitali, caratterizzati da basso costo e da una pervasività capillare, sono diventati essenziali. Anche perché consentono di diffondere informazioni fuorvianti senza assumersene la responsabilità.
Infatti, sono stati utilizzati in modo più o meno scaltro, più o meno intenso, da tutti i leader e da tutti i movimenti politici. Ma la diffusione di notizie false è facilitata anche dal dilagare delle cosiddette bolle informative, che tendono a rafforzare i pregiudizi individuali, e dal fenomeno delle eco-chambers in cui la voce del singolo si amplifica e rimbomba fino a stordire gruppi interi di persone.
Purtroppo, però, le soluzioni finora proposte per arginare le fake news non fanno che proporre varie forme di censura, rischiando così di produrre effetti peggiori del male che vorrebbero curare. Perché il problema è di stabilire chi può decidere cosa sia vero o falso: una simile autorità è incompatibile con l’idea stessa di democrazia, basata sul dibattito, sullo scontro, sul compromesso, ma con l’esclusione di tesi aprioristiche e non criticabili (come il metodo scientifico, che consiste nella possibilità di sottoporre a esame critico e confutare qualsiasi asserzione e qualsiasi tesi).
Il problema è piuttosto quello di coniugare la libertà di espressione con il principio di responsabilità. Come succede nella carta stampata, dove i giornalisti e gli editori sono responsabili di quello che pubblicano, e chi sbaglia paga. Su internet invece la libertà di espressione è completamente sganciata dalla responsabilità e quindi la cattiva informazione inevitabilmente caccia la buona (che costa di più e che non ha padrini a difenderla). Oltretutto, l’impossibilità di tutelare il diritto d’autore, a causa dei copia-e-incolla senza limiti, finisce per rendere non economica l’attività di chi fa informazione a livello professionale.
Motivazioni per produrre e diffondere informazioni false ci saranno sempre. Ma se sotto la notizia ci fosse una firma, vera, e dietro la firma qualcuno che risponde di quello che scrive, le fake news diventerebbero marginali, e non la maggioranza dell’informazione che circola in rete, come oggi. Certo tutto questo ha un prezzo, il diritto d’autore presuppone una retribuzione. Ma il costo sostenuto dalla società e dai singoli a causa della cattiva informazione è ancora maggiore.