martedì, Settembre 8, 2020

Colpo ai trafficanti di migranti. In Italia le basi finanziarie e logistiche

Uomini come merci su cui esercitare violenze e ricatti. E ‘cellule’ tra Lampedusa, Roma, Milano e Udine. Diciotto i destinatari dell’ordine di cattura, 4 i latitanti compresi i due capi eritrei

di Giuseppe Marinaro

MIGRANTI  TRAFFICANTI  LIBIA

da aggiornato alle 10:450 8 settembre 2020

©  (Afp) –  Migranti, sbarchi

AGI – Affari e torture andavano di pari passo per i trafficanti di uomini. Migranti come merci su cui esercitare violenze e ricatti e lucrare lauti guadagni. Un’organizzazione dinamica e senza scrupoli, con basi e cellule logistiche e finanziarie tra Lampedusa, Roma, Milano e Udine. Diciotto gli stranieri destinatari dell’ordine di cattura emesso nell’ambito dell’operazione “Glauco 4 – hawalanef”, ritenuti responsabili di una serie di traversate in mare di disperati, una delle quali al centro persino di scontro politico: il ‘caso Diciotti’. Quattro i latitanti, compresi i due capi eritrei.

La polizia di Stato ha così eseguito il fermo di indiziato di delitto disposto dalla Direzione distrettuale antimafia della procura di Palermo a carico di 14 persone accusate di appartenere a un’associazione a delinquere transnazionale finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e all’esercizio di abusiva attività di prestazione di servizi di pagamento e altri delitti contro la persona, l’ordine pubblico, il patrimonio e la fede pubblica.

Le indagini svolte dalla Squadra mobile di Palermo e dal Servizio centrale operativo, coordinate dal procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Marzia Sabella e dai sostituti Gery Ferrara, Claudio Camilleri e Giorgia Righi, hanno permesso di individuare un gruppo criminale, con cellule attive in Africa, in diverse aree del territorio nazionale e in altri Paesi europei e non solo, che ha operato su due fronti diversi, ma strettamente interconnessi fra loro: il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e l’esercizio abusivo di attività di intermediazione finanziaria.

Il metodo “hawala”, utilizzato principalmente per il pagamento dei viaggi dei migranti o del prezzo della loro liberazione dalle “safe house” in Libia. L’indagine costituisce il seguito delle operazioni “Glauco 1-2-3 condotte tra il 2013 ed il 2017, che hanno consentito, nel tempo, di identificare numerosi trafficanti di esseri umani sulla rotta del Mediterraneo centrale, molti dei quali già condannati anche in via definitiva a pesanti pene detentive, ed i loro referenti sul territorio italiano.

Già nel corso delle precedenti indagini era emerso il ruolo di Ghermay Ermia – Alem Ermias – destinatario di più misure cautelari e tuttora latitante – e proprio dallo sviluppo delle indagini finalizzate alla sua ricerca, anche attraverso attività di cooperazione internazionale, è stata ricostruita l’associazione a delinquere, attiva tra il Centro Africa (Eritrea, Etiopia, Sudan), i paesi del Maghreb (soprattutto la Libia), l’Italia (Lampedusa, Agrigento, Catania, Roma, Udine, Milano), e vari paesi del Nord Europa (Inghilterra, Danimarca, Olanda, Belgio e Germania).

Risulta accertato che sin dal 2017, l’organizzazione criminale ha supportato le attività di traffico sia nel corso del viaggio dei migranti sul continente africano che in occasione del loro concentramento presso i campi di prigionia in Libia.

In seguito, appena sono giunti in Sicilia, a bordo delle navi impiegate in attività di soccorso in mare, gli indagati sono intervenuti, in un primo momento, consentendo ai migranti ad allontanarsi dai centri di accoglienza, dove erano ospitati, nascondendoli in altri luoghi e fornendo loro in alcuni casi vitto, alloggio, titoli di viaggio e falsi documenti, e, in un secondo momento, curandone la partenza verso località del centro e nord Italia, da dove poi raggiungere agevolmente il nord Europa e talvolta gli Usa, meta finale del viaggio.

In altre occasioni, i membri del gruppo hanno contattato direttamente i migranti, già giunti in Italia, al fine di consentire loro la prosecuzione dei loro viaggio verso altri Stati Europei o in alcuni casi anche verso gli Stati Uniti (gestendo la pericolosa tratta del viaggio attraverso i paesi del Sud America).

Le attività di favoreggiamento dell’immigrazione sono state garantite a fronte dei pagamenti effettuati o dai migranti stessi o dai loro familiari ed amici, spesso residenti all’estero, i quali hanno inviato il denaro richiesto dai trafficanti mediante il sistema fiduciario “hawala” (che consente di trasferire denaro in maniera illecita utilizzando una rete di intermediari (hawaladars) operanti in tutto il mondo).

I capi dell’associazione sono due eritrei rimasti latitanti, vertici internazionali del gruppo operante principalmente all’estero tra l’Africa, i paesi del Golfo Persico ed altri Stati extraeuropei principali collettori dei flussi monetari derivanti dai proventi del traffico di esseri umani; Solomon Tekliyes è il capo della cellula operante principalmente a Udine; Mussie Ghirmay e Mosie Andemickael sono i capi della cellula a Milano.

© foto: Facebook 

auto Polizia

Le attività investigative (con il sequestro di documentazione e denaro, circa 30 mila euro in contanti), hanno permesso di individuare tra Milano, dove è presente una grande comunità di cittadini proveniente dai Paesi del Corno d’Africa, e il Nord Est, la base operativa del gruppo (anche grazie alle indicazioni di un ‘pentito’), nonché una complessa rete di hawaladar in Italia.

Altro aspetto rilevante sono gli accertati numerosissimi contatti tra gli indagati e i migranti appena giunti in Italia, facilitati nel raggiungimento dei altri Paesi europei, nonchè tra gli indagati e persone presenti nelle “safe house” in Libia, strutture in cui vengono trattenuti i migranti prima di partire verso le coste italiane.

Dalle dichiarazioni dei migranti sono emerse violenze fisiche e psicologiche e torture per ottenere dai familiari il pagamento di somme di danaro per la loro liberazione e per la prosecuzione del loro viaggi. In particolare sono stati raccolti elementi sia dalle dichiarazioni sia dalle attivita tecniche di intercettazione a carico di numerosi trafficanti di esseri umani, operanti in Libia e Sudan e gestori direttamente di alcune safe house, non compiutamente identificati nonostante le richieste di cooperazione internazionale e su cui sono in corso le indagini per la identificazione.

Al gruppo criminale è riconducibile l’arrivo di alcuni dei migranti giunti in Italia nell’ambito di eventi Sar e il loro successivo spostamento dal territorio nazionale verso l’estero (Nord Europa e Usa): sbarco del 14 luglio 2017 di 1.422 migranti presso il porto di Catania; sbarco del 27 novembre 2017 di 416 migranti giunti a bordo della nave ong ‘Aquarius’ al porto di Catania; sbarco del 16 dicembre 2017 di 407 migranti ad Augusta; del 16  agosto 2018 di 190 migranti giunti a bordo della nave della Marina Militare “U. Diciotti” presso il porto di Lampedusa, al termine di un braccio di ferro che ebbe tra i protagonisti l’allora capo del Viminale Matteo Salvini. 

Oltre al reato associativo, vengono contestati ad alcuni degli indagati i reati previsti in materia di esercizio delle attività finanziarie, in quanto prestavano servizi di pagamento senza autorizzazione attraverso il sistema denominato “hawala”. Per quanta riguarda l’immigrazione clandestina sono stati contestati diversi episodi di favoreggiamento, tutti aggravati dalla presenza di un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato e commessi in concorso con soggetti al momento non identificati.

Un mare dolente di uomini e denaro, un tesoro nascosto, secondo alcune tracce, fino a Dubai. La caccia ai trafficanti di morte e alle loro ricchezze non si ferma.

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