venerdì, Febbraio 21, 2020

DIRITTO E FISCO-C’è chi ha scoperto il prepensionamento fai-da-te

A Salerno la prima sperimentazione del prepensionamento fai-da-te: due dipendenti della Salerno Pulita hanno deciso di farsi licenziare per transitare alla pensione dopo un periodo di disoccupazione, percependo Naspi e Reddito di cittadinanza

da  ITALIAOGGI – NUMERO 043   PAG. 31  DEL 21/02/2020

di Daniele Cirioli

A Salerno la prima sperimentazione del prepensionamento fai-da-te. Dietro al licenziamento di due dipendenti della Salerno Pulita, la municipalizzata che gestisce l’intero ciclo dei rifiuti per la città, infatti, ci sarebbero proprio i primi test di «auto-esodo»: farsi licenziare per transitare alla pensione dopo un periodo di disoccupazione, percependo Naspi e Reddito di cittadinanza.

Un assenteismo anomalo. La notizia, su cui si ipotizza la sperimentazione del prototipo di «auto-esodo agevolato», arriva da Il Mattino (14 febbraio 2020). Si legge che, negli ultimi quattro mesi, la Salerno Pulita ha intimato due licenziamenti per giusta causa ad altrettanti dipendenti. Il motivo? Lo stesso nei due casi: assenteismo.

Il primo il 7 novembre 2019: il dipendente non era più rientrato dalle ferie estive. Il secondo lo scorso 13 febbraio: il lavoratore, salernitano sulla sessantina, ha smesso di andare a lavoro a dicembre per 43 giorni di fila. Gli uffici del personale hanno più volte provato a contestare le assenze, anche per iscritto, ma tutte sono rimaste lettera morta: nessuna comunicazione, né certificati medici, né altre forme di giustificazione.

I sindacati? Muti. Generalmente, quando un’azienda licenzia (soprattutto se si tratta di azienda statale, pubblica, o parastatale), c’è sempre una feroce reazione da parte del sindacato. Alla Salerno Pulita non c’è stata alcuna contestazione dei licenziamenti. Anzi, dal segretario regionale della Filas sono giunte parole di approvazione per l’operato dell’azienda: «Siamo per il contrasto a ogni forma di assenteismo, quindi ben vengano i provvedimenti a tutela dell’azienda e dei lavoratori che fanno il proprio dovere».

I colleghi? Concordano. Nessuna reazione c’è stata neanche da parte dei colleghi di lavoro. Salvo il tradire un senso di condivisione con un sorriso: «Possiamo definirlo auto-esodo, non è più una novità» è l’idea (molto vicina alla realtà) di un dipendente che preferisce restare anonimo.

«Si transita attraverso la disoccupazione per poi andare direttamente in pensione. Nessuno di noi è meravigliato, qualcuno ne ha anche parlato apertamente. Il periodo della disoccupazione copre i mesi che mancano al pensionamento e, intanto, non si viene al lavoro. Queste persone si sono fatte cacciare, né più, né meno».

Naspi più Rdc… di bene in meglio.

In effetti, l’anonimo lavoratore ha ragione. Fatti un po’ di conti e consultata qualche legge, è davvero plausibile che i due lavoratori abbiano messo in atto un piano di «prepensionamento fai-da-te».

Per andare in pensione ci sono due vie principali: la pensione di vecchiaia e quella anticipata. Per la prima ci vogliono almeno 20 anni di contributi e un’età non inferiore a 67 anni (fino al 31 dicembre 2022). Per la seconda ci vogliono almeno 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini; 41 anni e 10 mesi per le donne (fino al 31 dicembre 2026). Se si è precoci (cioè si hanno contributi versati prima della maggiore età), la pensione viene riconosciuta con 41 anni di contributi, a uomini e donne (fino al 31 dicembre 2026). Poi c’è quota 100, fino al 31 dicembre 2021 (bastano 62 anni d’età e almeno 38 anni di contributi); e c’è l’Ape sociale, fino al 31 dicembre prossimo (occorrono 63 anni d’età e altre condizioni). E se si è svolto lavori c.d. usuranti, pesanti o gravosi (quelli di un’azienda rifiuti potrebbero esserlo) c’è ancora qualche ulteriore anno da scontare su età e contributi per la pensione.

Insomma i due lavoratori-assenteisti hanno potuto ragionare più o meno così: perché stare al lavoro ad aspettare il giorno della pensione quando è possibile anticipare il riposo «perdendo» il lavoro e fruendo dei sussidi che lo Stato paga nelle drammatiche ipotesi di perdita del posto di lavoro? Quindi si sono procurati il licenziamento semplicemente standosene a casa. Ora che sono stati licenziati possono richiedere la Naspi (indennità disoccupazione) e il Rdc (reddito di cittadinanza), due prestazioni compatibili tra loro e, quindi, cumulabili.

La Naspi è garantita per due anni; il Rdc per 18 mesi, con la possibilità del raddoppio (altri 18 mesi). L’importo della Naspi arriva a massimo 1.335 euro mensili, quello del Rdc a 1.380 euro sempre mensili.

Fate un po’ di conti e noterete che il passaggio è indolore, per quattro anni. Anzi, comporta un miglioramento a entrambe le tasche dei pantaloni.

 

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