lunedì, Febbraio 3, 2020

ECONOMIA-Credem, banchieri a scuola a Reggio.Il segreto della banca più solida d’Italia…

Negli anni del credit crunch ha sempre aumentato gli impieghi e i ricavi senza imbarcare sofferenze. Segno di grande capacità valutativa negli affidamenti

Molti si sono sorpresi pochi giorni fa nel constatare che in Italia la banca con il miglior profilo di solidità sia il Credito Emiliano. L’esame della Bce sui requisiti patrimoniali si è chiuso assegnando alla banca emiliana solo un 1% in più di capitale aggiuntivo, il livello più basso richiesto tra le banche italiane. E allora ecco che sui giornali il Credem svetta per un giorno come primo in classifica tra le banche più sicure del Paese. Ma in realtà tutto si tratta fuorchè di una sorpresa. Se c’è una costante negli ultimi 10 anni di crisi bancaria è proprio l’affidabilità patrimoniale della banca di Reggio Emilia.

La storia del Credem infatti ha una sua coerenza nel tempo. No ha mai subito negli anni della peggior crisi bancaria del Paese, l’onta delle perdite. Ha sempre chiuso i bilanci in utileDal 2008 al 2018 la banca posseduta da una pattuglia di imprenditori riuniti sotto il cappello della famiglia Maramotti, principale azionista, ha cumulato 1,4 miliardi di profitti con un’accelerazione negli ultimi anni dove, solo tra il 2017 e il 2018, ha realizzato oltre 370 milioni di utili netti. Soprattutto la banca, contrariamente a molte banche italiane, non ha visto contrarsi né i ricavi, né gli impieghi. Il margine d’intermediazione è cresciuto e oggi viaggia ben sopra il miliardo di euro.

Il Credem poi non ha fatto quel credit crunch che ha visto protagoniste quasi tutte le banche italiane con l’eccezione di Intesa e poche altre. I prestiti netti erano nel 2008 poco meno di 18 miliardi: oggi Credem ha un portafoglio impieghi che supera i 25 miliardi. Tutto questo mentre la gran parte delle banche chiudevano i rubinetti del credito. Eppure anche aumentando i prestiti Credem non ha imbarcato sofferenze. Il suo tratto distintivo da sempre è proprio il suo basso, il più basso in assoluto, peso dei non performing loans, gli Npl sul totale degli impieghi. Oggi Credem ha un npl ratio del 4% che di fatto è la metà del tasso del sistema bancario italiano che come dato medio si colloca all’8%. Ma le poche sofferenze non sono né sintomo di grandi pulizie del passato, né di grandi cessioni.

Anche per tutto il decennio tragico della crisi bancaria il Credem ha mantenuto numeri da primato assoluto. Nel 2009 l’Npl ratio era  al 4,1%, cresciuto al picco del 6% tra il 2013 e il 2015 e poi subito rientrato ai livelli del 4%, come prima della crisi. E’ questo il tratto caratterizzante della media banca emiliana. Poche sofferenze, pur con impieghi aumentati. Basti pensare che le banche finite in crisi profonda avevano negli anni bui della crisi tassi di Npl sugli impieghi sopra il 20%.

Per il Credem la buona e sana gestione del credito era ed è una dottrina. La ricetta è solo questa: il credito si dà ma solo se il debitore ha tutte le carte in regola. Altrimenti meglio rifiutarsi. Cosa che la gran parte dei banchieri italiani non ha saputo fare. Vista così quindi nessuna sorpresa al verdetto di pochi giorni fa della Bce che di fatto assegna al Credem la palma della solidità patrimoniale. Ottenuta senza strane alchimie, ma semplicemente applicando l’antica ricetta della gestione oculata del credito.

Molti banchieri, non solo quelli delle banche andate in dissesto, avrebbero dovuto andare a scuola dai manager del Credem. Forse molte crisi sarebbero state evitate.

 

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