sabato, Ottobre 26, 2019

L’INCHIESTA – Luca Sacchi, ucciso a Roma: nello zaino della fidanzata Anastasiya 2.000 euro in contanti

Il killer, padre di un bimbo, alla compagna: «Ho fatto un macello, volevo solo spaventarlo»

di Rinaldo Frignani                           da  Corriere.it

ROMAFino a ieri mattina ha continuato a sostenere che «la droga non c’entra con la morte di Luca». Ma le testimonianze e gli elementi raccolti da polizia e carabinieri smentiscono le dichiarazioni pubbliche e il verbale di Anastasiya Kylemnyk, la baby sitter di 25 anni che mercoledì notte è stata presa a bastonate da Paolo Pirino e Valerio Del Grosso al quartiere romano Appio Latino, poco prima che il fidanzato Luca Sacchi venisse colpito a morte con una revolverata esplosa dal secondo ragazzo. È lei a questo punto — come sospettato fin dai primi momenti dai carabinieri del Nucleo investigativo — il personaggio chiave del delitto di Roma. Perché sarebbe proprio la giovane ucraina, nella Capitale dal 2003, ad aver mostrato agli spacciatori giunti da Casal Monastero i soldi nel suo zainetto di pelle rosa: rotoli di banconote da 20 e 50 euro per un totale 2.000 euro, denaro che sarebbe dovuto servire per acquistare una partita di marijuana sufficiente per lei e tre amici che si trovavano nel John Cabot Pub.

Luca Sacchi e la fidanzata Anastasiya

A mettere nei guai la fidanzata di Luca Sacchi c’è la testimonianza di Valerio Rispoli, amico e contatto di Del Grosso che aveva chiesto di portare la droga all’Appio LatinoE ora la posizione della baby sitter potrebbe aggravarsi.

A Regina Coeli sono invece già rinchiusi sia Del Grosso sia Pirino. Sono cresciuti e abitano con le famiglie a Casal Monastero, quartiere della periferia romana vicino a San Basilio, il rione dove nella Capitale i clan dello spaccio sono più attivi. E adesso bisognerà capire se anche loro fossero in qualche modo collegati ai gruppi criminali. Non a caso le indagini puntano a capire se la trasferta di mercoledì sera dei due Luca Sacchi e la fidanzata presunti assassini sia stata una loro iniziativa oppure facesse parte di una serie di ordini impartiti dai boss. Di certo i due ragazzi sono partiti per effettuare «la consegna» all’Appio, a bordo della Smart bianca di Pirino, armati di revolver e mazza da baseball. E senza marijuana. Non sapevano che quel tentativo di rapinare soldi a una potenziale cliente sarebbe stato il tragico epilogo della loro carriera di spacciatori.

Pirino, detto «Paoletto», viene descritto come il più duro dei due. Tatuaggi a tema, donne e pistole. Un «1998» stampato sulle dita di una mano. Ha un passato da pusher. Mercoledì sera ha fatto da scorta a Del Grosso, anche in virtù della stazza fisica. È un fan della serie tv «Gomorra» e di «Scarface». Armi da fuoco puntate in faccia da giovani a volto coperto accompagnano il suo profilo su Facebook. Come le frasi a effetto, e una foto emblematica: una limousine protetta da ragazzi in scooter per le strade di San Basilio. Valerio Del Grosso, di otto mesi più giovane, ha invece una vita complicata in una famiglia di lavoratori: la madre Gianna — che poi lo ha denunciato al commissariato San Basilio c il padre autista, due fratelli e una sorellina. «Uno scapestrato», spiega chi lo conosce più nel profondo. Una figlioletta di sei mesi, una denuncia per percosse nei confronti della compagna, seguita da un ordine di allontanamento disposto dal giudice. La donna, che non lo ha più voluto vedere (tanto che il giovane è tornato ad abitare dai genitori), è finita in ospedale con 40 giorni di prognosi per una lesione al timpano. «Ho fatto un macello, non volevo uccidere nessuno, volevo solo spaventarlo», ha ripetuto alla sua nuova compagna, Giorgia, che alla fine ha indicato alla polizia il «Cervara Park Hotel», a Tor Cervara, dove si era rifugiato 24 ore dopo il ferimento di Luca. Quella sorta di assurda giustificazione l’ha detta anche agli amici che ha incontrato poco dopo aver premuto il grilletto e poi nella stessa serata di giovedì. «Tutti gli amici, me compresa, a questo punto gli abbiamo consigliato di andarsi a costituire. Mi ha pregato di accompagnarlo in albergo e fargli compagnia, mi sono rifiutata. L’ho solo portato lì, alla stanza 103, poi ho detto ai poliziotti dove l’avrebbero trovato» ha detto la ragazza.

Pasticciere nel laboratorio davanti a casa, giovedì mattina Del Grosso era andato al lavoro come se fosse un giorno qualsiasi. Sapeva cosa aveva fatto all’Appio Latino, ma ha cercato di comportarsi come se nulla fosse accaduto. Nella tarda mattinata, forse dopo aver appreso della morte di Luca Sacchi, ha chiesto alla titolare di tornare a casa. «Mi sento male», ha detto prima di andare via vestito così com’era, da pasticciere. Poi ha richiamato Giorgia, cercando un aiuto che non ha trovato.

26 ottobre 2019 (modifica il 26 ottobre 2019 | 12:20)

Condividi su: