martedì, Novembre 19, 2019

Finanza perquisisce Arcelor: sequestrati documenti. L’accusa: materie prime comprate a prezzi molto alti, poi prodotti finiti svenduti a società interne al gruppo

Agli investigatori toccherà studiare i documenti per comprendere come sia stato possibile che in soli 12 mesi la costola italiana del gruppo abbia accumulato il doppio delle perdite rispetto a quelle certificate dai commissari. Blitz dei militari della Fiamme gialle anche nella sede milanese: i pm del capoluogo lombardo contestano la distrazione di beni del fallimento in relazione al magazzino (valore 500 milioni) ‘scomparso’ secondo i commissari. Un teste ascoltato in procura

da IlFattoQuotidiano.it di Francesco Casula| 19 NOVEMBRE 2019

Sono entrati poco dopo le 10 i finanzieri di Taranto e Milano negli uffici dello stabilimento ex Ilva e nella sede di ArcelorMittal in via Brenta, nel capoluogo lombardo. I militari delegati dalle due rispettive procure stanno passando al setaccio materiale cartaceo e dispositivi elettronici alla caccia di una serie di documenti della contabilità di ArcelorMittal per verificare le questioni sollevate dai commissari straordinari nei palazzi di giustizia.

Taranto, le fiamme gialle dentro l’Ilva
In particolare gli investigatori delle fiamme gialle tarantine, guidati dal tenente colonnello Marco Antonucci, stanno acquisendo i documenti di acquisto delle materie prime e quelli di vendita dei prodotti finiti nei periodi di gestione di ArcelorMittal e in quelli della precedente gestione commissariale: l’obiettivo è quello di comprendere come sia stato possibile che in soli 12 mesi ArcelorMittal Italia abbia accumulato il doppio delle perdite rispetto a quelle certificate dai commissari. I reati ipotizzati dal procuratore capo Carlo Maria Capristo, laggiunto Maurizio Carbone e il pm Mariano Buccoliero sono distruzione di mezzi di produzione e di appropriazione indebita.

Milano, perquisita la sede di via Brenta
A Milano l’aggiunto Maurizio Romanelli e i pm Stefano Civardi, che in mattinata ha sentito un manager della vecchia dirigenza nei suoi uffici,Mauro Clerici si stanno concentrando sull’aggiotaggio informativo, ossia alle false comunicazioni al mercato, e la distrazione di beni del fallimento (reato in concorso) in relazione al magazzino (valore 500 milioni) ‘scomparso’ secondo i commissari. Oltre all’accusa di omessa dichiarazione dei redditi, che riguarda una solo società del gruppo con sede in Olanda in rapporti commerciali con la filiale italiana per la compravendita di materie prime. I finanzieri sono arrivati a metà mattinata negli uffici di AmInvestco il veicolo utilizzato da ArcelorMittal per l’affitto di Ilva – in via Brenta, zona sud della città, con un decreto di sequestro. Acquisizioni sono in corso invece nella sede di Ilva in viale Certosa. Il focus principale degli inquirenti milanesi riguarda l’aggiotaggio: si vuole verificare, insomma, se a comunicazioni al mercato di un certo tipo corrispondessero invece azioni di segno contrario nella gestione dell’acciaieria.

Le verifiche su materie prime e prodotti finiti
L’ipotesi al vaglio degli investigatori di Taranto, invece, è che la multinazionale dell’acciaio abbia operato con una serie di escamotage per far lievitare le perdite. I finanzieri dovranno accertare se davvero c’è stata una svendita a prezzi eccessivamente bassi dei prodotti finiti presenti nei magazzini dell’Ilva: acciaio che sarebbe stato venduto a società del gruppo a prezzi bassissimi, particolarmente fuori mercato.      Le società del gruppo poi li avrebbero rimessi sul mercato a prezzi regolari. Al contrario andrà invece fatta la verifica per le materie prime: carbone e minerale di ferro, infatti, sembrerebbero essere state acquistate a prezzi più alti di quanto non facessero i commissari. In questo modo, secondo quanto ipotizzato in queste ore ArcelorMittal Italia avrebbe segnalato perdite maggiori mentre il gruppo non ne risulterebbe per nulla danneggiato, anzi. Non solo: un faro è acceso anche sulle quantità acquistate negli ultimi mesi per comprendere se queste siano state sufficienti per consentire agli impianti di marciare in maniera regolare e senza essere danneggiati. Tutto da verificare. Insomma i prezzi degli uni e degli altri dovranno chiaramente essere confrontati con le oscillazioni di mercato, i prezzi di acquisto di altre società che operano nel mercato dell’acciaio per comprendere se siano state scelte obbligate oppure se davvero queste operazioni facessero parte di quel disegno “preordinato” che secondo i commissari mira a chiudere la fabbrica di Taranto.

Il ricorso d’urgenza dei commissari
Com’è noto sono due i fascicoli di indagine avviati nel capoluogo lombardo e in quello ionico. A Milano, la procura è entrata anche nel procedimento civile avviato dopo l’istanza di recesso avviata da Arcelor e nel quale i commissari straordinari hanno depositato un ricorso di 70 pagine in cui, con parole durissime, hanno accusato gli attuali gestori di voler “consapevolmente cancellare” l’Ilva di Taranto attraverso una restituzione degli impianti, resa nota il 4 novembre e comunicata ufficialmente undici giorni dopo, con modalità che “non possono che comportarne la distruzione”. Per gli avvocati Giorgio De Nova, Enrico Castellani e Marco Annoni le azioni messe in campo rappresentano un “preordinato illecito disegno” per ottenere l’ “illegittimo intento” di sciogliere il contratto d’affitto che avrebbe conseguenze in grado di arrecare a Ilva, all’Italia e all’Unione Europea “il maggior possibile livello di devastante offensività”.

L’esposto a Taranto
A Taranto, invece, è stato l’avvocato Angelo Loreto a depositare un esposto che ha dato il via a un’indagine contestando i reati di distruzione di prodotti o industriali o di mezzi di produzione che danneggerebbero l’economia italiana e l’appropriazione indebita. L’esposto oltre a ripercorrere i fatti salienti descritti nel documento arrivato ai giudici milanesi, sottolinea come i commissari, nei giorni scorsi, avessero comunicato ad ArcelorMittal l’intenzione di effettuare una visita ispettiva nell’impianto di Taranto a cui la multinazionale avrebbe risposto che “essendo stato risolto il contratto con la comunicazione del 4 novembre 2019non era più tenuta a rispettare l’obbligo di garantire l’accesso ai commissari. A questo si aggiunge la “scomparsa” delle materie prime: al momento della presa in consegna dei rami d’azienda, secondo i commissari, Arcelor “ha ricevuto un magazzino del valore di circa euro 500 milioni” e ora si appresta a riconsegnare lo stabilimento senza giacenze e rifiutandosi “di procedere ad alcun ulteriore acquisto”. Un punto che potrebbe essere stato temporaneamente superato dalla comunicazione diffusa lunedì con la quale l’ad Lucia Morselli ha annunciato che la regolare ripresa delle attività e degli ordini commerciali in attesa di una definitiva decisione della Procura di Taranto. Tutto quanto, però, passerà ora al vaglio dei finanzieri e già nelle prossime ore potrebbero arrivare clamorosi risvolti.

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